LA CERAMICA DEL XX SECOLO A FIRENZE
a cura di Gilda Cefariello Grosso
Le esperienze ceramiche compiute a Firenze nel corso del Novecento ci raccontano la storia di un periodo ricco di scelte culturali e di sperimentazioni che hanno maturato un numero importante di nuove e originali testimonianze di un’epoca in mutazione. Queste si inseriscono con autorevolezza nel contesto storico, artistico e culturale del XX secolo e non solo relativo all’ambito italiano. La vastità e complessità dell’argomento meriterebbero sicuramente un’indagine ben approfondita e qui, in una lettura per quanto necessariamente contenuta, se ne vuole tracciare un breve profilo che, seguendo l’opera di alcune personalità, ormai storiche, possa mettere in luce quanto, in varie misure, e quale sia stato il contributo da esse fornito al carattere moderno della ceramica fiorentina del secolo scorso.
Bisogna risalire al periodo tra Ottocento e Novecento per cogliere anche nel nostro paese una significativa attenzione verso eventi che in Europa, da tempo, avevano portato alla maturazione di un nuovo stile dalle connotazioni moderne coinvolgendo tutti i settori delle arti applicate.
Nella seconda metà dell’Ottocento, prende avvio in Inghilterra un differente modo di intendere le arti decorative secondo i principi di una nuova estetica che mirava al superamento della cultura dell’eclettismo. Ben presto queste nuove idee si diffondono nel continente europeo e l’accettazione dei principi di questo movimento di riforma dà origine in ogni nazione ad un inquadramento peculiare, che
nonostante le linee programmatiche comuni ha portato alla genesi di differenti espressioni.
In ogni nazione si hanno correnti stilistiche con una propria denominazione: Modern Style in Inghilterra, Art Nouveau in Francia, Jugendstil in Germania, Nieuwe Kunst in Olanda, Sezession Stil in Austria e Liberty o Floreale in Italia.
Tra Ottocento e Novecento quindi, anche nel nostro paese giungono i fermenti di questo nuovo modo di intendere le arti applicate. E questo avviene soprattutto grazie alla sensibilità di un giovane artista fiorentino, Galileo Chini (1873-1956), che recepisce prontamente questa nuova visione formulata dal movimento modernista sostenuto dalle idee di personalità come l’inglese William Morris o il belga Henry van de Velde.
Galileo Chini assieme ad alcuni amici, Vittorio Giunti, Giovanni Montelatici e Giovanni Vannuzzi, fonda sul finire del 1896 a Firenze, in via Arnolfo, una piccola manifattura, denominata L’Arte della Ceramica. Da questo piccolo atelier escono dei manufatti dall’aspetto moderno che raccolgono numerosi consensi non solo in Italia. Nei primi anni di attività, il Chini adotta un repertorio che è quello caratteristico del Liberty o Floreale: fiori dai lunghi steli come iris, tulipani e papaveri accompagnati da flessuose foglie che vengono presentate piegate in morbidi ritmi curvilinei. Tra questi viluppi vegetali compaiono spesso volti femminili di ispirazione botticelliana dove la mediazione della maniera di Mucha risulta piuttosto evidente. Nelle tipologie decorative de L’Arte della Ceramica si annoverano anche moduli di maggiore sintesi formale palesemente ispirati alle proposte degli artisti della Secessione viennese. Sicuramente interessante risulta anche l’attenzione che Galileo Chini pone nello studio di una nuova maniera di rendere il complesso decorativo. Il riferimento più pertinente è la grafica modernista che gli artisti europei riprendono dall’esempio delle stampe giapponesi. Vediamo infatti negli esemplari progettati da Galileo Chini la resa dell’immagine secondo una visione bidimensionale che vede protagonista un complesso disegnativo sintetico e dal tratto continuo. Anche il colore viene ora proposto in larghe campiture senza
ricorrere all’uso di passaggi chiaroscurali. L’evoluzione in senso moderno della ceramica fiorentina ed anche italiana si deve proprio all’operato di questa piccola fabbrica e alle intuizioni di Galileo Chini, suo direttore artistico. Infatti nel nostro paese e Firenze non ne costituisce un’eccezione, la produzione ceramica e non solo ha il suo perno fondamentale nelle proposte di imitazione di manufatti del passato.
Proprio in questa riproposta tra le molte fabbriche del territorio fiorentino si distinguono alcune imprese come la manifattura Ginori di Doccia, divenuta nel 1896 Società Ceramica Richard-Ginori, la Manifattura Cantagalli di Firenze e la Manifattura di Signa di Camillo Bondi. L’adeguamento ai dettami della nuova estetica risulta molto limitato. Infatti, ad esempio, nel repertorio della Manifattura di Signa, si ha una produzione con un indirizzo legato principalmente alla riedizione di celebri capolavori del passato, mentre risulta molto esigua l’attenzione nei confronti del moderno che si limita solo ad alcune piccole figure tratte da modelli dello scultore Giovanni Prini (1877-1958). Anche la Manifattura Cantagalli propone una produzione di gusto moderno centrata essenzialmente su tendenze floreali, anche se l’attenzione maggiore viene rivolta al suo indirizzo principale che è quello che l’ha resa celebre e cioè la mirabile riproposta di esemplari ceramici del passato. La Società Ceramica Richard-Ginori di Doccia aggiorna il suo repertorio solo in occasione dell’Esposizione Internazionale di Arte Decorativa di Torino del 1902. Infatti per la partecipazione a tale manifestazione il regolamento prevedeva solo la presentazione di opere di carattere moderno. In questa occasione le opere della fabbrica di Doccia manifestano un radicale rinnovamento: raffinati servizi da tavola, eleganti fioriere formate da figure femminili o da motivi floreali, originali basi per lampade costituite da corolle o dall’abbraccio di una ninfa e un satiro. Proprio nelle cronache relative all’Esposizione Internazionale di Torino del 1902 si sottolinea come:” Firenze moderna vuol mostrare che conserva per la ceramica le attitudini e lo spirito di Firenze antica, e a Torino nessuna città ha tanti espositori ceramisti quanto essa. (*) Oltre alle già citate manifatture possiamo ricordarne anche altre come la Florentia Ars, la ditta Salvini e la Società Ceramica Artistica Fiorentina (SCAF), fondata da Vittorio Giunti, dopo aver lasciato, nel 1901 la carica di direttore tecnico de L’Arte della Ceramica. Ma è proprio L’Arte della Ceramica che all’Esposizione di Torino del 1902, presentando anche manufatti in grès risulta essere una fabbrica all’avanguardia. Sono i primi esempi, infatti, di questo materiale che vengono prodotti in Italia, mentre all’estero sotto l’influsso delle produzioni giapponesi, da alcuni decenni il grès era divenuto il mezzo espressivo prediletto dei ceramisti legati al movimento modernista. Non si può certo non rilevare lo sviluppo dell’industria ceramica avvenuto verso la fine dell’Ottocento nella zona di Sesto Fiorentino. Benché queste imprese, costituite da ex-lavoranti della manifattura di Doccia, adottino un indirizzo basato su generi di imitazione, talvolta manifestano, nei primi decenni del Novecento, anche una fugace adesione ai moduli dell’Art Nouveau di matrice floreale. Le imprese più interessanti a questo proposito sono la Società Ceramica di Colonnata fondata nel 1891 e la Società Industriale per la Fabbricazione di Maioliche Artistiche (SIFMA) sorta nel 1896 e che nel 1905 diverrà Manifattura Fantechi.
Sicuramente tra le produzioni qualitativamente più interessanti del territorio fiorentino si deve citare quella delle Fornaci S.Lorenzo. Si tratta della manifattura fondata nel 1906 a Borgo San Lorenzo, nel Mugello, da Galileo Chini e dal cugino Chino (1870-1957), dopo il loro abbandono tra il 1904 e il 1905 de L’Arte della Ceramica. In questo momento, Galileo Chini, sostenuto anche dalle eccellenti capacità tecniche di Chino, imprime alla produzione un nuovo indirizzo. Infatti il gusto floreale di tipo naturalistico viene definitivamente sostituito da schemi più stilizzati che hanno la loro matrice nel gusto della Secessione viennese. Questa nuova tendenza adottata da Galileo Chini costituisce un momento evolutivo di notevole rilevanza non solo per la ceramica di ambito fiorentino ma anche per la storia della ceramica italiana. La grave crisi dovuta allo scoppio della prima guerra mondiale ha grosse ripercussioni anche sull’industria ceramica che vedrà una lenta ripresa a partire dagli anni Venti grazie soprattutto allo stimolo fornito alle arti decorative dalle Biennali monzesi.
Sarà il rinnovamento della produzione della Società Ceramica Richard-Ginori di Doccia da parte di Gio Ponti (1891-1979) che influenzerà in modo tangibile le imprese del territorio fiorentino. Ponti riuscirà a svecchiare i repertori consueti della storica fabbrica con una grande varietà di proposte. Le ideazioni di Ponti, sia per la porcellana che per la maiolica, sono caratterizzate da modernità e raffinatezza e riscuotono grande successo in occasione della loro comparsa alla prima Biennale di Monza nel 1923. Nel repertorio di Ponti rientrano temi classici come “Gli Efebi” o “La Conversazione Classica” e anche la proposta di reinterpretazioni di modelli come le anfore, le urne o le ciste. Non mancano però elementi popolareschi, temi mondani, soggetti ripresi dal circo o dagli sport. Il rinnovamento della manifattura di Doccia certamente influisce su altre fabbriche di ambito fiorentino.
Ricordiamo ad esempio come alcune imprese di Sesto Fiorentino, quali la Barraud Messeri &Co o la Carraresi e Lucchesi, mostrino schemi moderni dalle marcate semplificazioni formali, non immuni anche da influenze futuriste, con un apparato cromatico risolto spesso con sfumature ottenute attraverso la tecnica dell’aerografo.
Un contributo molto originale è stato fornito, sempre in questo periodo, dal pittore Enzo Ceccherini (1894-1971) di Sesto Fiorentino che ha saputo utilizzare in maniera eccellente la tecnica divisionista per le sue soluzioni decorative.
In questo momento si assiste a vari tentativi di rinnovamento molto interessanti. Ne è esempio la Manifattura di Signa, che alla Triennale di Milano del 1933 propone degli orci dalla struttura molto razionale oppure la Manifattura Cantagalli che tra gli anni Venti e gli anni Trenta, per aggiornare in senso moderno il suo repertorio si avvale di artisti come Guido Balsamo Stella (1882-1941), Gianni Vagnetti (1897-1956) e lo scultore Romano Dazzi (1905-1976). Ispirate al mondo rurale sono le opere dell’artista Giuseppe Piombanti Ammannati (1898-1996), originario di San Lorenzo a Colline in provincia di Firenze. Personalità assai singolare, nei suoi esemplari costituiti essenzialmente da plastiche, non manca l’attenzione per la scultura contemporanea, soprattutto quella di Arturo Martini, ben adatta a tradurre le sue fantasiose ideazioni. Molto importante è il contributo del fiorentino Marcello Fantoni (1915-2011) la cui attività iniziata negli anni Trenta giunge fino agli anni Duemila. Del periodo iniziale si ricorda la sua personale interpretazione di soggetti, come i cosiddetti “Arlecchini”, tipici della ceramica di Montelupo Fiorentino del XVII secolo. Fantoni inizia anche molte sperimentazioni che vanno dalle proposte di gusto rustico a ricerche sugli effetti materici che caratterizzeranno le qualificate tendenze che preludono alla sua attività del dopoguerra.
Ricordiamo come nel periodo tra le due guerre vi sia stata nel nostro paese un’attenzione particolare nei confronti del rustico e del popolare. Già all’inizio degli anni Venti si poneva l’accento sulla cosiddetta “arte rusticana”, orientando le ricerche di molti ceramisti verso il recupero di una “italianità” di matrice non aulica come quella di radice popolare-mediterranea. Seguirà questo indirizzo con grande successo la Manifattura Zaccagnini, impresa ceramica fiorentina orientata essenzialmente ad una produzione di imitazione. Sarà Urbano Zaccagnini (1901-1964) figlio di Ugo, fondatore della fabbrica, a presentare negli anni Trenta nuovi generi di ornati come quelli “a corde”, “a intonaco graffito” e “a stuoiato” riuscendo ad ottenere esemplari dall’aspetto rustico ma anche caratterizzati da grande originalità. Molto famosa di questa fabbrica è un tipo di produzione legata alla realizzazione di piccole plastiche raffiguranti i personaggi della Walt Disney, di cui la Zaccagnini aveva ottenuto la concessione esclusiva per la produzione.
La crisi causata dallo scoppio della seconda guerra mondiale viene lentamente superata nel dopoguerra e con la ripresa dell’attività compariranno proposte di nuova impostazione sia per la varietà che per la qualità. A Firenze, in questo momento, si ha davvero un panorama molto interessante dovuto in particolar modo all’attività di singole personalità. Ne è un esempio Marcello Fantoni, impegnato in ricerche dai risultati eccellenti: le geometrie essenziali delle sue ceramiche presentano un cromatismo che ne esalta la struttura oppure usa una gamma limitata di colori per creare particolari effetti sulle asperità delle superfici. Rilevante è anche la produzione di Eugenio Pattarino (1885-1971) che avverte con grande sensibilità i nuovi impulsi innovatori della sua epoca. Il suo interesse per la ceramica inizia nel 1939, dopo esperienze con la scultura utilizzando come mezzi espressivi il marmo e il bronzo. Nella ceramica egli mostra preferenze per tonalità brillanti che ben caratterizzano le sue opere e acquistano una singolare vitalità se abbinati a fondi opachi. Particolare vivacità cromatica contraddistingue le opere di Arnaldo Miniati (1909-1979), un artista molto attivo nel dopoguerra, che, ideando forme insolite, riesce a dare un personale contributo alla ceramica moderna. Il suo laboratorio situato a Firenze, prima in via Lando e successivamente in via del Mascherino diventa anche una scuola per ceramisti ottenendo anche il riconoscimento del Ministero della Pubblica Istruzione. Evidente è l’interesse per il mondo primitivo manifestato da Bruno Paoli (1915-2005), artista fiorentino che si avvicina alla ceramica verso la metà degli anni Quaranta. Nei suoi esemplari compaiono segni che si ispirano a civiltà arcaiche, ben in sintonia con le tendenze dell’arte contemporanea, presentati con tratti calligrafici dal ritmo molto serrato oppure vengono disposti sulle superfici con ampio respiro e talvolta profondamente incisi nella materia. Anche dal laboratorio fiorentino di Ugo Lucerni (1900-1989), ceramista originario di Parma, escono esemplari di notevole interesse. Concepite attraverso un impianto compositivo dalle evidenti riduzioni formali, le opere di Lucerni risultano avvincenti anche per l’uso di un apparato cromatico che riesce a conferire alle superfici delicati effetti dinamici. All’inizio degli anni Cinquanta, Guido Gambone (1909-1969), una delle personalità più significative della ceramica contemporanea, apre Firenze un laboratorio. La sua attività di ceramista, iniziata a Vietri alla fine degli anni Venti, nel capoluogo toscano ha modo di dar vita ad un repertorio sorprendente per l’originalità delle proposte realizzate utilizzando non solo la maiolica ma anche il grès. Spesso è la ceramica arcaica a ispirargli strutture e soluzioni decorative e questi suggerimenti si traducono in esemplari inconsueti, dalle forme possenti indipendentemente dalle dimensioni, ed esaltati dalle coperture di smalti materici. Guido Gambone è autore anche di un repertorio centrato su volumetrie scaturite da forme geometriche molto lineari che denotano una notevole eleganza formale. Dopo la sua morte avvenuta nel 1969, il suo laboratorio continua l’attività ad opera del figlio Bruno (1936-2021). Le ricerche di Bruno Gambone sono indirizzate verso impianti compositivi dalle linee molto essenziali. Con notevole equilibrio egli organizza apparati decorativi dal segno molto espressivo e caratterizzato da un linguaggio dai tratti molto sintetici che però agiscono sulle superfici con grande vitalità. Un indirizzo ben diverso è riscontrabile nell’attività di Federigo Fabbrini (1928-2007), di origine aretina ma fiorentino di adozione, che presenta fasi produttive diverse ma sempre assai significative. Le sue opere degli anni Cinquanta sono caratterizzate da una grande cura nelle definizioni delle strutture che abbinate a scelte cromatiche molto misurate conferiscono agli esemplari toni di garbata eleganza. Successivamente si interessa a proposte legate all’industrial design producendo soprattutto esemplari pensati per una funzione pratica. La sua attenzione si rivolge anche alla realizzazione in ceramica di soggetti fiabeschi come originali pupazzi ed eleganti teatrini.
Ben diversa è l’esperienza dello scultore Salvatore Cipolla (1933-2006) di origine siciliana stabilitosi poi a Sesto Fiorentino. Figlio di un ceramista, apprende i primi insegnamenti dal padre e dopo il 1953, anno in cui si diploma all’Istituti d’Arte di Firenze, inizia la sua attività artistica. Egli elabora i materiali ceramici in una continuità di ricerche prediligendo soprattutto richiami a civiltà primitive. Nelle sue opere sono ben rappresentati soggetti del mondo rurale come temi religiosi riportati sempre attraverso un linguaggio formale molto sintetico e con una ricerca cromatica di grande equilibrio.
Altro scultore che ha maturato un’esperienza singolare è Nello Bini (1915-1998). Originario di Santa Maria a Monte in provincia di Pisa, trasferisce il suo laboratorio a Bagno a Ripoli (Firenze) verso la fine degli anni Cinquanta. Proprio in questo periodo, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, compie numerose esperienze legate all’Informale utilizzando vari materiali tra cui la ceramica. Nelle sue strutture è ben riscontrabile un forte intento organizzativo nel costruire forme centrate su moduli astratto-geometrici in piena sintonia con la malleabilità del materiale.
Armonia e delicatezza sono ben visibili nell’opera di Luciano Landi, artista ben più giovane rispetto alle altre personalità citate: nasce a Firenze nel 1942. A partire dagli anni Sessanta, dopo la sua formazione presso l’Istituto d’Arte e l’Accademia di Belle Arti di Firenze si avvicina al mondo della ceramica. Nel 1974 apre un proprio laboratorio nel centro storico di Firenze. Le sue ricerche sono sempre sottese da una maniera molto accurata nel definire strutture dove il segno si manifesta sempre con elegante grafia.
Di indubbio interesse è il contributo fornito da Bruno Bagnoli (1914-1975) di Montelupo Fiorentino. A partire dagli anni Trenta collabora con varie manifatture locali, mentre nel dopoguerra intraprende personali ricerche da cui hanno origine forme innovative sia che si tratti di oggetti d’uso che di pezzi unici. Sicuramente le sue qualità non sono sfuggite a Gio Ponti che nel 1951 sceglie anche le sue ceramiche per la IX Triennale di Milano.
Una manifattura che ha saputo imprimere un contributo rilevante allo sviluppo in senso moderno alla ceramica del territorio fiorentino è la manifattura Bitossi di Montelupo. L’elevata qualità della produzione di questa fabbrica, fondata nel 1921, è dovuta soprattutto alla sensibilità di un personaggio come Aldo Londi (1911-2003), suo direttore dal 1946 al 1976. Londi è ideatore di varie serie di grande modernità; ricordiamo ad esempio la linea “Rimini Blu”, entrata in produzione nel 1959. Questa è caratterizzata da uno splendido smalto azzurro, frutto delle personali ricerche del Londi, che ricopre gli esemplari dalla superficie fittamente eleborata con incisioni che sembrano segni di antiche scritture. Agli anni Cinquanta risale la collaborazione di Ettore Sottsass (1917-2007) con la Bitossi e in particolare con Aldo Londi. Tutto questo sicuramente contribuisce a incanalare la produzione verso criteri di apertura al moderno. Seguendo questa linea continueranno importanti collaborazioni della Bitossi come ad esempio quelle dovute, negli anni Ottanta, ad artisti del gruppo Memphis, quali Matteo Thun, Mi- chele De Lucchi e Marco Zanini. Oggi possiamo avere una documentazione puntuale della storia di questa fabbrica attraverso l’Archivio Museo della Manifattura Bitossi, inaugurato nel settembre 2021. Nel territorio fiorentino l’Archivio Museo Bitossi, il Museo Richard-Ginori della manifattura di Doccia di Sesto Fiorentino e il museo di Borgo San Lorenzo dedicato alla ceramica Chini sono istituzioni uniche di grande importanza, sicuramente punto di riferimento per nuove generazioni di ceramisti.
Le esperienze e le ricerche delle personalità qui ricordate contraddistinguono un momento particolare della ceramica del Novecento di ambito fiorentino. La loro formazione iniziale è spesso legata non alla ceramica ma ad altri settori dell’arte come la pittura, la scultura e la grafica e forse per questo il patrimonio culturale da essi costruito è di grande portata per la definizione di una nuova tradizione ove si coglie l’evidenza di nuovi schemi e il contributo d’avanguardia nel panorama della ceramica non solo italiana.
(*) A. Melani, L’esposizione d’arte decorativa odierna in Torino. Ceramica italiana., in “Arte Italiana Decorativa e Industriale, 7, 1902, p.57.
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Firenze, 25 Marzo 2022